Reazioni post-Raduno 2016

Come già detto, il Raduno 2016 è stato un successo sia per il numero di espositori che hanno aderito sia (soprattutto!) per i partecipanti che l’hanno visitato. Diversi anche gli articoli sul web che ne hanno parlato a valle. Riporto di seguito quelli che hanno evidenziato, per così dire, la presenza della NeXT e l’importanza di questa piattaforma nella storia dell’informatica:

Superfluo dire che fa piacere sapere che lo sforzo di restauro di una macchina sia stato apprezzato e questo vale per qualsiasi pezzo e qualsiasi collezionista, che si tratti di una macchina molto rara o di una comunissima.

Appunti sul Primo Raduno RCI 2016

Si è concluso con grande soddisfazione di tutti i partecipanti il Primo Raduno Nazionale del Retrocomputer Club Italia, per gli amici degli hashtag #radunorci2016. È stata una bella esperienza, divertente e in un certo senso formativa. Ho partecipato per anni all’organizzazione del Linux Day con il GULCh (Gruppo Utenti Linux Cagliari), ma quella dei giorni scorsi è la prima volta in cui ho partecipato ad un evento di retrocomputing come espositore.

Durante e a valle dell’evento, ho appuntato e distillato alcune riflessioni che potranno aiutare a migliorare la mia partecipazione ad esposizioni successive. Ho pensato di condividerle in questo blog perché credo possano essere utili anche ad altri appassionati che contribuiscono alle varie mostre e raduni. Alcune sono semplici constatazioni, altre sono – per così dire – raccomandazioni:

  • Iniziamo dalla preparazione. L’espositore dovrebbe visitare la mostra prima che questa inizi. Ovviamente non potrà vedere tutto, ma almeno “il grosso” dovrebbe vederlo quando ancora l’evento non è aperto al pubblico. Dovrebbe farlo per due motivi: in primo luogo, non dovrebbe girare per la mostra durante l’apertura al pubblico, mentre deve garantire la presenza presso la propria postazione, così da essere a disposizione dei visitatori per spiegazione, per aiuto, per recuperare un improvviso malfunzionamento; in secondo luogo, conoscendo il resto dell’esposizione, potrà suggerire al visitatore su quali altri pezzi soffermarsi. Nel caso della NeXT, ad esempio, mi è stato utile poter indicare ai visitatori la posizione dell’Acorn A3010 (macchina economica coeva della NeXTstation) e della SGI Indy (macchina successiva, ma della stessa fascia di mercato).
  • Il setup della macchina deve essere coerente: a tutti coloro che si sono soffermati sulla NeXT ha “disturbato” il fatto che il monitor non fosse originale (il pesante CRT MegaPixel che ho mantenuto nel caveau per evidenti problemi di spazio a casa). Benché il TFT Philips fosse adeguato, della stessa dimensione del monitor originale (17″) e addirittura con proporzioni pressoché quadrate come il CRT originale, avere il monitor originale avrebbe fatto la differenza. Ben vengano, dunque, le configurazioni perfette con tutti gli accessori originali. Eventuali hack o soluzioni di fortuna dovrebbero essere mantenuti a latere, evidenziando, appunto, che si tratta di evoluzioni successive.
  • La macchina deve (dovrebbe…) essere il top: direi un abbondante 50% di coloro che si sono seduti a provare la NeXTstation hanno chiesto come mai non avessi portato la versione Color oppure il Cube. Il secondo non lo possiedo; la prima sì, ma ho deciso di restaurare prima la monocromatica che ho acquisito prima. In generale, il fatto che volessero vedere quella a colori è stato il più ricorrente. Qualcuno mi ha detto: “è più attraente un monitor a fosfori verdi piuttosto che lo schermo grigio”. Qualche altro pensava che fosse impossibile che la NeXT fosse monocromatica e che il problema fosse nel monitor o nel cavo. Insomma, per la prossima mostra dovrò sistemare la Color, non c’è scampo. Il pubblico cerca macchine vecchie ma che esprimano grandezza nel proprio periodo storico.
  • Ho constatato che persone diverse cercavano cose diverse da provare: i più giovani guardavano le applicazioni e l’ambiente di sviluppo, mentre quelli più maturi che hanno vissuto la transizione BBS-Internet erano più affascinati dal vedere il browser di Tim Berners-Lee e il sito del CRS4. Qualcuno provava gli scacchi. Altri hanno aperto la shell alla ricerca del sottobosco Unix con in quale fare qualche giochetto. Insomma, occorre prepararsi ad un pubblico molto molto eterogeneo.

  • Ho portato due libri (“The NeXT Book” e “Developing NeXTSTEP Applications”): qualcuno li ha sfogliati, ma senza troppa convinzione. Sicuramente quello sullo sviluppo è stato il più consultato, quello sulla configurazione del sistema era pressoché inutile. Più persone, invece, hanno sfogliato la stampa della recensione di MC Microcomputer. In generale, aggiungere un supporto cartaceo dell’epoca è utile per dare colore e completezza all’esposizione, ma non credo sia necessario dotarsi di moltissimi manuali. Eventualmente, potrebbe aver senso mostrare la Reference Guide per il sistemista e lo sviluppatore. Non saprei dire, alla fine, se sia davvero utile portare dei testi.
  • Come dicevo in apertura, è fondamentale la presenza di qualcuno che racconti la macchina e la sua storia. In tanti si sono avvicinati con domande specifiche, altri guardavano spaesati ed è stato compito mio (e di Raffaele Terribile che mi ha dato una mano) incuriosirli, invitandoli a provare la macchina, raccontandone la storia e mostrando le cose più interessanti.
  • Laddove non fosse possibile spiegare a tutti la storia della macchina e il suo valore nell’esposizione (perché non c’è tempo, perché si sta parlando con altri, perché il visitatore non ha voglia di stare a sentire la storia ma preferisce leggere), è importante prevedere della stampe che raccontino la storia e che il visitatore possa portarsi via. Basta un foglio A4 piegato a libretto (quattro paginette A5) abbastanza sintetico e attraente per arricchire la partecipazione dei visitatori.
  • Occorre preparare delle demo. Come anticipato, avevo predisposto il browser di Tim Berners-Lee e il link al sito del CRS4, ma a quanto pare non è stato sufficiente. Alcuni visitatori avrebbero voluto provare altre applicazioni in particolare quelle per cui la NeXT dava il meglio di sè (editoria, grafica, calcolo scientifico…).

Chiudo con questa foto di Marco Fanciulli, grande esperto delle macchine Commodore PET e Symbolics, che scatta una foto storica al primo sito web italiano del CRS4, raggiungibile su http://history.crs4.it.

Primo browser e primo sito web italiano su NeXT

(questo non è un pesce d’aprile)

Domani e dopodomani, 2-3 Aprile 2016, si svolgerà a Roma il Primo Raduno Nazionale del Retrocomputing Club Italia, di cui ho già scritto qualche settimana fa.

Al raduno porterò la NeXTStation N1100, con la SoundBox e (purtroppo!) un triste monitor LCD Philips. Dico purtroppo perché non mi è stato possibile trasportare il grosso monitor NeXT MegaPixel Display da 17″ dal caveau in Sardegna sino alla Capitale.

In occasione dell’evento, per rendere più ricca la condivisione con coloro che visiteranno la mostra, ho installato sulla N1100 il browser Nexus (che inizialmente si chiamava World-Wide Web) scritto da Tim Berners-Lee… mentre inventava il web! Ovviamente il Nexus non è in grado di visualizzare i siti moderni (ma neppure quelli piuttosto datati), sia per complessità delle pagine, sia per la presenza di componenti ignote ai quei tempi (CSS, Javascript), sia per il supporto al solo HTTP 1.0, che rende pressoché impossibile (salvo intervenire con un proxy nel mezzo, ndr) accedere ai moderni siti virtualizzati su una singola istanza di Apache.

L’ideale sarebbe stato avere il primo browser della storia con il primo sito web italiano della storia…

Ho dunque contattato gli ex-colleghi del CRS4 (Andrea Mameli, Gavino Paddeu, Paolo Sirigu, Pietro Zanarini e Antonio Concas per l’indispensabile supporto sistemistico), i quali hanno riesumato a tempo record l’homepage del CRS4 di quegli anni (credo si tratti della home del 1993) che si vede perfettamente. Ecco qui di seguito uno screenshot del Nexus che mostra la pagina del CRS4 raggiungibile all’indirizzo http://history.crs4.it/

Una curiosità: nel pannellino informativo del Nexus, Tim Berners-Lee definisce il proprio lavoro “An exercise in global information availability”. Un esercizio che, davvero, ha cambiato il mondo.