Sony NEWS: inizio di un restauro complicato

Mentre questo articolo viene scritto, nel mondo imperversa ancora la pandemia da COVID, in particolare la variante omicron che appare estremamente più contagiosa ma fortunatamente molto meno aggressiva. La situazione attuale scoraggia spostamenti e organizzazioni di eventi in presenza, ma facilita, per così dire, l’attività di restauro delle macchine piccole, specie su problematiche software.

Il logo della linea Sony NEWS

Nel settembre 2020 è stata acquisita una workstation Sony NWS-3410 della linea NEWS (NEt WorkStation), nata nella seconda metà degli Anni ’80 del secolo scorso e destinata a competere con i prodotti Silicon Graphics, Sun Microsystems e degli altri produttori di macchine ad alte prestazioni. L’acquisizione è avvenuta attraverso uno scambio con un collezionista italiano di macchine Acorn/ARM (Domenico Martini, probabilmente il più grande esperto italiano di questa piattaforma): in cambio della NWS-3410, ho ceduto una RISCstation R7500 con processore ARM 7500FE.

Le macchine NEWS sono interessanti nell’ambito della storia dell’informatica e dell’informatizzazione per almeno 5 motivi:

  • Sono una delle “varianti” di workstation RISC equipaggiate con Unix che si sono affacciate sul mercato quando ancora i PC erano degli oggetti piuttosto primitivi;
  • Sono una eccezione rispetto all’egemonia americana (Sun Microsystems, Silicon Graphics, IBM, HP, NeXT, Digital), benché il sistema operativo sia in linea con la concorrenza;
  • Rispetto alle varie SPARCstation, Indy e simili, le Sony NEWS hanno ben poca documentazione su web e sono pressoché introvabili agli eventi del settore (le workstation sono solitamente poco presenti);
  • Dalle ceneri della linea NEWS è nata la prima PlayStation: stessa CPU RISC (MIPS R3000), stessa ambizione per la grafica;
  • Infine, il linguaggio Ruby è stato concepito da Yukihiro Matsumoto su una Sony NEWS: questo basterebbe a qualificarla come di interesse storico! Non diversamente dal fatto che si ricordano le macchine NeXT (anche) per aver dato i natali al primo browser e al primo server web della storia.

I punti appena elencati sono un vigoroso incoraggiamento ad intraprendere il restauro e la documentazione della macchina.

Prima di entrare nel merito di questa attività, può essere utile una panoramica su questa linea di macchine. La lista di seguito (copiata dalla pagina https://katsu.watanabe.name/doc/sonynews/model.html) raggruppa i modelli prodotti suddividendoli per anno e per tipo di CPU:

CPUAnnoModelli
680201987NWS-811, NWS-820, NWS-830, NWS-831, NWS-841
680201988NWS-711, NWS-721, NWS-891, NWS-911, NWS-921
680301988PWS-1550, NWS-1750, NWS-1830, NWS-1850,
680301989NWS-1450, NWS-1460, PWS-1520, PWS-1560, PWS-1630, NWS-1720, NWS-1860, NWS-1960
680301990NWS-1230, NWS-1250, NWS-1410
R30001990NWS-3860 (dicembre 1989), NWS-3460, NWS-3840,
R30001991NWS-3260, NWS-3410, NWS-3470, NWS-3720, NWS-3865, NWS-3870,
R30001992NWS-3150, NWS-3880
R40001992NWS-5000 (SA, SB, TF, TG, VI, VN, VP), NWS-5900
R44001993NWS-5000 (UA, UF, WI, WN, WP)
R40001994NWS-5000 (TA, TB)
R44001994NWS-5000 (G)
R44001995NWS-7900
R4700, R48001995NWS-4000
R100001995NWS-7000
Modelli Sony NEWS suddivisi per CPU e anno di produzione

A parte la lista, ben poco rimane sul web di tutte queste macchine. In Europa e negli Stati Uniti arrivò un sottoinsieme di tutti questi modelli ed è estremamente difficile trovarne funzionanti. I due modelli NWS-3410 (desktop) e NWS-3260 (portatile) sono gli unici due esemplari presenti nella collezione del MMCC, entrambi con CPU RISC MIPS R3000.

Finora si è parlato dell’hardware, ma è importante soffermarsi anche sul software. Le workstsion NEWS avevano il sistema operativo NEWS-OS, inizialmente derivato da BSD 4.2 e 4.3 e, poco prima dell’abbandono della linea da parte di Sony, System V R4.2. Per un certo periodo, il sistema operativo è stato disponibile per entrambe le architetture CISC (Motorola 68k) e RISC (MIPS), salvo poi proseguire lo sviluppo solo della versione RISC.

Come si vedrà nel seguito, l’installazione di NEWS-OS è tutt’altro che scontata, poiché software e documentazione scarseggiano. Terminata la produzione ufficiale, le NEWS sono state pressoché ignorate dai sistemi operativi futuri, ad eccezione di NetBSD, di cui esiste un porting per le architetture 68k e MIPS. Le pagine del progetto NetBSD sono molto utili, perché documentano, tra le altre cose, la procedura di boot via PROM e la configurazione dei dip-switch frontali.

Fatta questa breve panoramica della linea NEWS, vediamo nel dettaglio il restauro della workstation desktop NWS-3410.

Sont NWS-3410
La Sony NWS-3410, equipaggiata con CPU MIPS R3000

Le condizioni estetiche erano ottime: nessun danno, nessuna spaccatura, nessuna ossidazione sulla struttura e sulle porte di comunicazione. Mouse e tastiera perfetti. Non restava che collegare il monitor e accenderla.

Ecco la prima complicazione: l’uscita video non è la classica DB13W3 delle workstation a colori.

Connettore DB13W3 comune a SPARCstation, NeXTstation, Indy.

Si tratta, invece, di una uscita basata su connettore 3W3 molto meno comune (utilizzato soprattutto sulle macchine Digital), visibile qui sotto:

Il connettore 3W3 della Sony NWS-3410 (accanto alla scritta DISPLAY).

La workstation ricevuta aveva in dotazione un cavo 3W3 con uscita su 5 connettori BNC: sfortunatamente non era disponibile un monitor CRT con ingressi BNC (conservato in un magazzino difficilmente accessibile) ed è stato necessario trovare un adattattore diverso.

A sinistra, la motherboard con CPU e RAM. A destra, la scheda video denominata NWB-251.

È stato, dunque, acquistato su eBay un adattatore Digital P/N 17-03851-01 da 3W3 a VGA (per monitor con Sync-On-Green). Benché la macchina si accendesse, non appariva nulla sullo schermo. Effettivamente, Domenico Martini l’aveva ricevuta come funzionante e, non disponendo di un monitor compatibile, l’aveva provata, per quanto possibile, verificandone l’accensione e il tipico rumore dell’hard disk in fase di boot.

La “via facile” è ovviamente sfumata e si è resa necessaria un’analisi più approfondita della macchina.

È noto che molte workstation (probabilmente tutte!) utilizzino un componente con funzione RTC/NVRAM (Real Time Clock e Non-Volatile RAM, ovvero il mantenimento di data e ora più una piccola area di memoria non volatile in cui sono memorizzati alcuni parametri di boot). RTC e dati nella NVRAM sono alimentati da una batteria tampone, la cui durata stimata è di circa 10 anni. Quando la batteria è totalmente scarica, la macchina non funziona correttamente e i comportamente possono essere diversi a seconda del modello. Le SPARCstation, ad esempio, possono avviarsi correttamente: è sufficiente digitare i parametri necessari dal prompt della PROM; la SGI Indy, pur avviandosi, non ha possibilità di effettuare il boot da rete, poiché il MAC address della scheda di rete è scritto nella NVRAM e un chip con batteria esaurita notifica un errore al sistema impedendo la lettura corretta dei parametri (evidentemente, malgrado sia alimentata, la NVRAM non è in grado di leggere/scrivere correttamente i dati in memoria). Nel caso della NWS-3410, invece, l’esaurimento della batteria interna al modulo RTC/NVRAM rende la macchina non avviabile. È necessario sostituire il modulo o avviare il sistema con una opportuna sequenza che permetta di avviare la macchina con i comandi manuali (non avendo le informazioni nell NVRAM, infatti, la ROM non saprebbe quale disco selezionare per il processo di boot).

La NWS-3410 monta un modulo ST MK48T02B-25, visibile nella foto seguente:

Nell’immagine sono visibili alcuni fili che fuoriescono dal modulo stesso: si tratta di una modifica effettuata da uno dei proprietari precedenti, nel tentativo di fornire alimentazione con una batteria esterna. La modifica consiste in un circuito assemblato su una basetta millefori, un diodo e la batteria stessa. Purtroppo, anche in questo caso la batteria sostitutiva è giunta a fine vita, ma, rispetto a quella integrata nel modulo RTC, si è manifestata una perdita di acido che ha iniziato a corrodere le lamiere interne. L’esito è visibile di seguito:

Il problema, per così dire, si è raddoppiato: ripristinare la funzionalità del modulo RTC/NVRAM e fare un intervento di pulizia e protezione del telaio metallico. E, dunque, di smontaggio completo della macchina.

(continua…)

SGI Indy e HP 712/60 presso Bit.Old

Continua con entusiasmo la collaborazione tra Bit.Old e il MMCC. Nei giorni scorsi due nuove macchine hanno raggiunto l’esposizione di Colleferro. In particolare, si tratta di una Silicon Graphics Indy con processore MIDP R5000 e una HP 712/60 dotata di processore PA-RISC. Sulla prima è stato installato il sistema operativo ufficiale SGI Irix 6.5.19 ed è stata configurata la webcam originale; sulla seconda è stato installato un porting del sistema operativo NeXTSTEP versione 3.3.

Le due macchine esposte a Colleferro (foto di Maurizio Candito)

È interessante spendere qualche riga per raccontare la storia di queste due macchine.

La prima proviene da un centro di ricerche che la stava smaltendo ed è stata recuperata in una situazione abbastanza disastrosa: cover superiore frantumata, accessori mancanti (mouse, tastiera, webcam), sistema operativo sul disco inaccessibile. In primo luogo, è stato acquistato un coperchio intatto, indispensabile per poter esporre la macchina dignitosamente.

La cover originale della Indy, irrimediabilmente danneggiata

Successivamente, è stata predisposta la configurazione software, utilizzando i CDROM originali e una Raspberry Pi 3 con Ubuntu Server come boot server (ed evitare, dunque, di “impazzire” caricando tutti i CD manualmente). È stato possibile trovare su eBay un esemplare di tastiera PS/2 originale SGI, che ha subito una profonda pulizia prima di essere collocata nella esposizione.

La membrana della tastiera SGI

Il mouse è stato sostituito con uno nuovo con tecnologia ottica Logitech.

La seconda macchina, invece, è stata acquistata online e purtroppo è stata gravemente danneggiata durante il trasporto. A parte la vistosa spaccatura su uno spigolo del guscio superiore, si sono spaccati i supporti plastici che reggono la motherboard.

Lo spigolo frantumato della HP 712/60
Il primo supporto (rotto) della motherboard
Il secondo supporto (rotto) della motherboard
I supporti “volanti”

Senza questi supporti, la motherboard è “volante” all’interno del case e, dunque, a rischio cortocircuito in caso di spostamento accidentale (ad esempio, durante l’inserimento dei connettori mouse/tastiera o VGA). In questo caso, fortunatamente, è stato possibile fissarla sfruttando un cilindretto metallico posto al centro del lato lungo interno e che ha permesso di infilare una vite, seppure non perfettamente allineata. Apparentemente, questa soluzione è sufficientemente robusta e stabile da consentire l’utilizzo normale nella esposizione (sicuramente occorreranno altre cautele nel caso in cui fosse necessario trasportare ulteriormente la macchina).

La vite “di fortuna” che mantiene bloccata la motherboard sul fondo del case metallico

Ingegneria sotto i tasti

C’è stato un lungo periodo (e forse non è ancora terminato!) in cui le qualità di un computer si valutavano in velocità di elaborazione, quantità di RAM e storage, velocità e risoluzione del comparto grafico. È ovvio: un computer veloce consente di lavorare meglio, se poi tutto è visualizzato come un’opera d’arte tanto meglio. Spesso, però, ci si dimentica del dispositivo di input per eccellenza: la tastiera. Con la diffusione dei touchscreen e il perfezionamento di mouse e touchpad, la tastiera sembra l’oggetto più vecchio e assodato, ma non bisogna scordarsi che i fiumi di testi che vengono scritti ogni giorno sono prodotti da miliardi di click su tastiere di tutti i tipi.

L’opera di smontaggio e pulizia della tastiera di una NeXTstation.

Per questo, dunque, è opportuno soffermarsi su questo dispositivo che affonda le radici nelle prime macchine da scrivere e nel tempo si è evoluto aggiungendo comfort di scrittura, silenziosità e dimensioni contenute (ferma restando, ovviamente, la dimensione e la distanza tra i tasti, strettamente legata alla ergonomia delle mani).

Nel futuro sarà pubblicato un articolo di approfondimento sull’evoluzione delle tastiere. In questo primo articolo introduttivo, invece, si vuole mostrare l’interno di tre tastiere “abbastanza moderne”: una tastiera PS/2 Silicon Graphics di una O2, una PS/2 di un Acorn RiscPC 600 e una Sun Microsystems Type 5 su bus proprietario. Queste tre tastiere hanno una struttura simile e sono basate su un supporto di contatto a membrana, attuatori di gomma e supporti dei tasti a scorrimento. Piccole differenze: le due tastiere a standard PS/2 hanno gommini singoli, ma in quella Silicon Graphics sono (debolmente) incollati con un biadesivo cartaceo alla membrana:

La tastiera della Silicon Graphics O2 interamente smontata.

Dettaglio sulla membrana con i gommini incollati (si notano i quattro punti di adesivo cartaceo attorno a ciascun gommino).

La tastiera Silicon ha i pistoncini che agiscono sui gommini direttamente estrusi dal tasto. Nella tastiera Acorn, invece, il tasto è incastro sopra il pistoncino scorrevole che a sua volta agisce sul gommino:

La tastiera Acorn totalmente disassemblata. La membrana, non visibile, è sotto la carta assorbente in basso a destra.

Dettaglio su pistoncini e gommini della tastiera Acorn.

Il montaggio di pistoncini e gommini sul telaio rovesciato della tastiera Acorn

La tastiera Sun Microsystems, invece, aggrega i gommini in due superfici continue e, come nel caso della Acorn, il meccanismo che agisce sul gommino è separato dal tasto:

La tastiera Type 5 Sun Microsystems totalmente disassemblata.

Dettaglio dello strato di contatto della tastiera Sun Microsystems.

Apparentemente molto simili, le tre tastiere restituiscono sensazioni molto diverse sotto le dita. Quella con il tocco più caratteristico è la Sun: silenziosissima e con un feeling ovattato, dà quasi la sensazione di scrivere su un cuscino (un carissimo amico descrivera il feedback sonoro come “puff puff”, a sottolineare la differenza rispetto alle più rumorose e “clicky” IBM).

È innegabile che la qualità della tastiera si traduce in qualità del lavoro per chi passa tante ore a scrivere. Ovviamente non è solo la qualità dei tasti ma anche la disposizione, il rumore, l’altezza complessiva della tastiera e l’inclinazione del telaio, la possibilità di posizionarla a piacere sulla scrivania e, non ultima, la stabilità (una tastiera che “sfugge” sotto le dita rende la digitazione quantomai fastidiosa).